Sorelle e fratelli,
la liturgia del Venerdì Santo ci fa ripetere ogni anno con le parole del poeta Venanzio Fortunato: "O crux, ave spes unica"; Salve, o croce, unica speranza del mondo.
Attraverso le parole di questo antico inno siamo invitati a riflettere sulla Speranza, sul suo significato più profondo. Non si tratta semplicemente di un augurio, un auspicio, di “un spero di cavarmela”. La Speranza per noi credenti, ha un nome, ha un volto!
É Dio stesso, Lui speranza di Israele, come ci fa cantare il Salmo 71,
“Sei Tu, mio Signore, la mia Speranza, la mia Fiducia, fin dalla mia giovinezza”.
La Speranza biblica è allora certezza riguardo agli eventi futuri, che si fonda sulla fedeltà di Dio. In un momento storico dunque, particolarmente difficile come quello che stiamo vivendo, c’è un grande bisogno di Speranza, soprattutto per coloro che, malgrado tutto, vogliono coraggiosamente impegnarsi per il miglioramento della vita sociale, economica, civile e politica.
Quale il compito della nostra comunità ecclesiale? Essere lievito di speranza, non solo attraverso l’annuncio o la promozione di diverse iniziative di solidarietà, assai urgenti. Ma soprattutto curando ciò che appare più trascurato, ossia quel vincolo di alleanza, di mutua fiducia, di stupore, di accoglienza reciproca che di fatto, fin dall’ inizio della vita, a partire dalla famiglia, lega gli uomini e le donne tra loro.
Buon impegno!